Mauro Del Romano Mauro Del Romano

Una vista del monte rosa

Penso sempre a quanto tempo ho speso a fotografare il Monte Rosa, soprattutto dalle nostre zone. Una montagna così grande, non è facile da fotografare; credo che il segreto sia immaginare di scattare delle fotografie di ritratto: utilizzarla non come una quinta teatrale, ma come soggetto che necessita quindi di una composizione funzionale a sottolinearne lo stato d’animo, i lineamenti, i colori, l’armonia. Come capita in autunno, quando la prima neve copre anche la parete est e i larici ingialliti della Valle Anzasca si incuneano fino alla morena glaciale, o dal nostro lago quando nonostante sia sullo sfondo la si incornicia nelle tinte pastello dell’ora blu.

Scopri di più
Mauro Del Romano Mauro Del Romano

Un altro tipo di foliage

Larici ingialliti che ricoprono i pendii boscosi dell’Ossola: così ho in mente ogni Ottobre di cui ho memoria. Verso la fine del mese, l’autunno con i suoi colori e la sua luce ancora tiepida, alternata alla brezza più fresca, lascia spazio al principio dell’inverno, che a quote più alte solitamente inizia in questo periodo. Gli alberi caduchi perdono gli aghi e le foglie, orologio biologico che segna la necessità di trattenere la linfa nelle zone vitali, al riparo dalle intemperie. Un po’ come avviene nei rifugi, che al diminuire delle ore di luce, si preparano per l’inverno rinforzando le finestre, spegnendo la stufa, controllando il tetto e i dintorni, ripristinando il locale invernale d’emergenza nel caso di necessità.

Quest’anno però mi ha colpito una coppia che abbiamo incontrato a tavola; 85 anni lui, qualcosa meno lei. Occhi incuriositi e curiosi, dopo averci fatto un paio di domande, ci confessano che sono circa 70 anni che vanno in montagna insieme. Loro sono di lì, di quelle valli. Conoscono ogni cima e non grazie qualche app, ma perché le hanno salite tutte, insieme. Mentre ne parlano, gli si legge negli occhi la nostalgia per quei tempi, aggravata dalla consapevolezza sì di un fisico più giovanile della loro età, ma non a sufficienza da poter ripercorrere quei sentieri fino in cima. Agli immaginari bivi, non scegliere più la via che sale, ma quella che scende.

Ora, a pensarci un po’ di tristezza me l’hanno messa: non traspariva solo quella saggezza di chi, raggiunta la maturità anche anagrafica, vede con razionalità l’ allontanarsi di un orizzonte, conscio di aver fatto tutto ed essere stato tutto. Traspariva soprattutto nostalgia.

Tutto questo mi ha ricordato un po’ una pianta di cardo selvatico incontrata ai limiti della torbiera poco prima: persi tutti i fiori, mostrava una struttura geometrica elegante, come un caleidoscopio, un piccolo capolavoro floreale tra appariscenti larici altissimi, colorati di giallo e di ocra.

Chissà se anche questo cardo selvatico in realtà vive tristemente, credendo solo di essere stato ed ora, anziano, nel momento del suo foliage, di non essere più.

Scopri di più
Mauro Del Romano Mauro Del Romano

Quanto cielo ci è rimasto?

Cosa diremmo se di colpo sparisse il cielo azzurro? Cosa faremmo se vivessimo in città talmente inquinate da vedere solo una nebbia lattiginosa e putrida stagnare sulle nostre teste?

Senza essercene accorti abbiamo già perso gran parte del cielo notturno e con esso una delle esperienze più ancestrali dell’uomo: sentirsi nudi sotto una coltre di stelle tanto luminosa da non riconoscere quasi più le costellazioni, così in silenzio da immaginare quasi di sentire il peso della volta celeste, così trasparenti da vederne quasi il riflesso sui palmi delle proprie mani, così piccoli che il cuore quasi esplode.

Ma quanto cielo è avanzato?

Fars de Menorca, luglio 2022.

Scopri di più